Clic compulsivi, abituazione e libero arbitrio
Le neuroscienze hanno dimostrato che non siamo del tutto padroni delle nostre azioni e delle nostre scelte: oltre al libero arbitrio ed alla nostra volontà ci sono altri processi mentali che influenzano il nostro operato… e a volte hanno il sopravvento in modo patologico. La corteccia cerebrale è la nostra razionalità, ma a volte l’istinto ha la meglio.
Quando ci troviamo di fronte a delle pubblicità agiamo in modo razionale o in modo impulsivo?
Campagne pubblicitarie: i banner identici ripetuti continuamente sono efficaci?
Gli stimoli che ci arrivano dal mondo esterno sono filtrati in modo automatico dal nostro cervello.
Al giorno d’oggi siamo bombardati da una mole innumerevole di stimoli, tra cui gli annunci ed i banner pubblicitari, e come tutti gli altri stimoli anche questi vengono filtrati… in che modo?
I primi stimoli ad essere esclusi sono quelli più conosciuti e familiari, in modo da dare sempre più spazio ed attenzione a ciò che è nuovo e per poterne cogliere le caratteristiche potenzialmente più interessanti: è il fenomeno dell’abituazione. Ovviamente tale fenomeno influisce anche sulle pubblicità, mentre fanno eccezione i segnali di pericolo, che tendono a mantenere alto il livello di attenzione anche se ripetuti.
In pratica se veniamo esposti sempre alla stessa pubblicità il nostro cervello riduce gradatamente l’attenzione che vi prestiamo, in modo da lisciare spazio alle eventuali novità.
Questo si traduce quindi in un calo di efficacia, perché dopo un numero X di ripetizione di un banner o di un annuncio alla stessa persona, questa non vi presterà la stessa attenzione iniziale ed il tasso di clic calerà notevolmente.
La soluzione è comunque facile: cambiando immagine, colori e testo si manterrà invece viva l’attenzione e si potrà puntare ad un incremento di clic, controllando il tasso di ripetizione del medesimo banner alla medesima persona.
Campagne pubblicitarie: l’effetto “tarlo” di chi ci ripropone sempre lo stesso messaggio
Tutto qua? A dire il vero no: c’è anche un secondo aspetto… l’effetto “tarlo”.
In molti casi l’esposizione prolungata di un brand o di una pubblicità riesce a scavarsi un posticino riservato nella nostra mente, come un tarlo, ottenendo quindi un incremento della memorizzazione del logo, del pay off, di un prodotto, di un jingle.